Si racconta che alcuni pellegrini andarono a visitare un saggio Zen che dimostrava molti meno anni di quelli che aveva, e gli domandarono: “Quale è il segreto per mantenerti così giovane ed in forma?”.
Il saggio rispose: “Mangio quando ho fame e dormo quando ho sonno”.
Detta così, sembra davvero facile. Ma si sa, le strade delle migliori intenzioni sono ricche di ostacoli e imprevisti.
Tutti sappiamo che mangiare bene è il primo strumento (insieme al movimento) a nostra disposizione per mantenere la nostra salute e più in generale il nostro benessere psicofisico. Riconoscere e assecondare i nostri bisogni dunque è davvero importante, ma non sempre è facile.
Nel precedente articolo (che trovi qui: https://www.francescadellai.it/ho-fame-di-emozioni/) abbiamo visto per esempio che non sempre mangiamo per fame. Diverse sono le ragioni per cui mangiamo: situazioni sociali e conviviali, cibo come passatempo o per quietare le nostre tensioni… solo per citarne alcune. Abbiamo visto quindi cinque interrogativi che possono aiutarci nella nostra consapevolezza rispetto a quando mangiamo per fame (fisiologica) o per rispondere ad una esigenza differente, la fame emotiva.
Nella nostra frenetica esistenza infatti c’è il rischio che non si riescano più a riconoscere e questo, alla lunga, può aumentare lo stress che sperimentiamo. Non solo ci sentiamo tristi, annoiati, malinconici, infelici, sotto pressione, agitati… ma pure ci ritroviamo a mangiare e quindi poi eccoli lì, i nostri sensi di colpa e gonfiori addominali. E magari qualche chiletto di troppo che non ci fa sentire a nostro agio.
Con questo non stiamo di certo dicendo che se una volta mangiamo un gelato per festeggiare, sgranocchiamo qualche stuzzichino mentre facciamo aperitivo con gli amici, ci concediamo il dolcetto dopo cena il sabato sera … stiamo sbagliando.
Quindi quali possono essere le possibili criticità?
L’atto del mangiare, quando non risponde direttamente ad un senso fisiologico di fame, può essere un modo per gestire o diminuire delle emozioni per noi scomode e spiacevoli: rabbia, paura, tristezza, risentimento, ansia, preoccupazione…
Se ci pensiamo questo aspetto ha delle ‘ragioni biologiche’: quando il nostro organismo entra in situazioni stressanti manda degli allarmi al nostro cervello, aumentando i livelli di cortisone, un ormone che aumenta il desiderio di cibi salati, dolci, ad alto contenuto di grassi, affinché possano darci una sferzata di energia.
- La questione è proprio questa: spesso la nostra situazione stressante permane nel tempo, per cui diventa fondamentale trovare altre strategie e modalità per gestirla.
- In altre occasioni possiamo inoltre mettere in atto delle strategie che non ci aiutano e che piuttosto contribuiscono a mantenere attivi circoli viziosi che ci impediscono di raggiungere i nostri obiettivi di benessere psico fisico. Pensiamo per esempio quando ci ritroviamo a mangiare cioccolata per consolarci oppure non riusciamo a rilassarci fino a quando finalmente non abbiamo potuto mangiare lo ‘spuntino pre nanna’. Inoltre se utilizziamo sempre e solo il cibo per gestire le nostre emozioni è come se avessimo nel nostro armadio un solo vestito a disposizione. Meglio averne qualche altro in più, che ne pensate? 😉
- Per non parlare dei veri e propri ‘autoinganni‘ che ci corrono in soccorso, tirandoci però veri e propri sgambetti: cosa sono gli autoinganni? Facciamo degli esempi: pensare che sono troppo vecchio; mi piace troppo mangiare; inizio la mia dieta lunedì… E si potrebbe continuare 🙂 Quindi ci riferiamo con questa parola a dei pensieri che, anziché aiutarci, ci lasciano immobili nella situazione che non ci fa più star bene.
Capiamo dunque che parlare di alimentazione vuol dire destreggiarsi entro un territorio complesso e articolato, in cui le nostre sensazioni ed emozioni giocano un ruolo chiave. Se riusciamo ad allenarci sul riconoscerle, saremo di conseguenza anche più abili nel capire cosa ci piace di più e cosa ci serve in determinati momenti. Nello stesso tempo si potrà iniziare a ragionare e riflettere su altre strategie da sperimentare che consentano di gestire al meglio le nostre emozioni.
Quali quindi i primi tre passi da svolgere per poter gestire al meglio le nostre emozioni?
- Il primo utile passo è relativo alla possibilità di allenare la nostra capacità di riconoscere quando mangiamo per motivi diversi dall’appetito. A tal proposito:
Per cui iniziamo a fare caso ai momenti in cui ci viene voglia di un certo cibo: dove siamo, che ora è? Di cosa abbiamo voglia? Ci potrebbe essere dell’altro che mi soddisferebbe? C’è qualcuno con me? - Pianifichiamo come e quando mangiare i nostri cibi preferiti: proprio perchè ci piacciono così tanto, vale la pena goderne appieno! 🙂
- Prendiamoci cura di noi: del nostro modo di pensare, di essere e di fare; in quale aspetto vorrei migliorarmi? Penso e scrivo tre modi con cui posso prendermi cura di me, poi mi impegno a dedicare cinque minuti al giorno a tale attività. Non servono grandi cose, quanto piuttosto piccole attenzioni da cui posso trarre qualche momento di benessere: ascoltare una canzone che mi piace; leggere; fare una passeggiata; dedicarmi a qualche esercizio fisico; meditare…
- Minimizziamo il cambiamento, introducendo piccole variabili alla volta. A tutti spaventa il cambiamento, soprattutto se veloce e repentino: diamoci quindi il giusto tempo per adeguarci alle modifiche che sceglieremo di sperimentare. Anche nel caso per esempio di questi quattro primi passi, possiamo scegliere su quale iniziare e poi impegnarci su tale aspetto per un paio di settimane. In questo modo individuiamo la nostra priorità e sarà poi più facile essere costanti e attenti.